19 Febbraio 2021
Il Cumiana Real 2010 di Roberto Iemma
Roberto Iemma, istruttore dei Pulcini 2010 del Cumiana Real, parla della sua carriera, tra società in cui ha giocato, momenti indimenticabili e aneddoti: «Ho iniziato a giocare a calcio all’età di 6 anni, con un gruppo di amici. Verso gli 11 anni, ho deciso di impegnarmi seriamente e ho iniziato a giocare nel Tetti Francesi, oggi Rivalta, per poi passare al Volvera, sperimentando sia il ruolo di terzino sinistro che punta».
I suoi esordi da giocatore l'istruttore se li ricorda bene: «Ho esordito con la maglia numero 3, ed è, ancora oggi, uno dei momenti che ricordo con più gioia: all’epoca era diverso, niente minutaggio per giocare e ho dovuto guadagnarmi il posto con impegno. A dire la verità, ho sempre visto il calcio come un momento di sfogo e divertimento: avevo lo studio che mi occupava del tempo, mi piaceva uscire con gli amici, praticavo anche nuoto, non ero fortissimo tecnicamente ma ero bravo sui recuperi dei palloni e sulla corsa, e perciò non ho mai giocato a livelli oltre la Terza Categoria».
Un carriera calcistica che si è poi interrotta presto, ma solo a livello di prime squadre FIGC: «Ho terminato la mia carriera calcistica nel Volvera, a 28 anni, ma ho continuato a giocare in una società costituita da amici. Oltre all’esordio, la fine della mia esperienza è un altro ricordo che mi porterò dietro per tutta la vita: ho avuto soddisfazioni, ho segnato dei gol importanti che hanno portato a delle vittorie e sono cresciuto, oltre che tecnicamente e calcisticamente, anche sotto l’aspetto umano».
Roberto Iemma conosce bene il significato di un collettivo e di fare spogliatoio: «Penso che la cosa che renda un gruppo una “squadra” sia il rapporto che si crea con tutti i compagni, allenatori e dirigenti ed è una cosa che porterò sempre con me».
Il Roberto Iemma giocatore ha vissuto comunque anche momenti esaltanti: «Mi ricordo ancora oggi uno dei momenti più strani ed emozionanti della mia carriera: era una partita contro il San Pietro Val Lemina. Eravamo sul 2-1 per loro, il mister mi chiama per entrare, faccio il mio ingresso in campo, fornisco l’assist che porta il mio compagno a segnare il 2-2 e, dopo vari insulti dal pubblico e una mia preghiera interiore per fare il gol del 3-2, mi arriva un pallone da destra, mi tuffo in area e con un colpo di testa riesco a mettere la palla in rete, all’incrocio dei pali, e regalare la vittoria alla mia squadra».
Poi a Cumiana è arrivata il momento di passare dall'altra parte della 'barricata': «Ho, inizialmente, deciso di diventare dirigente dal momento in cui mio figlio ha iniziato a giocare, e ho avuto modo di imparare come rapportarmi con i bambini, grazie soprattutto alle mie infinite chiacchiere con Diego Mò (Juniores) e Mauro Tamburello, due figure che sono state fondamentali nella mia successiva decisione finale di diventare allenatore. Ho esordito, nella mia carriera post-giocatore, come allenatore dei portieri: ho seguito un corso per quel determinato ruolo e per 3 anni ne sono stato preparatore.
Successivamente, ho acquisito il patentino ufficiale della Federazione e da 2 anni a questa parte seguo i bambini del 2010 a Cumiana. Facciamo 5 allenamenti settimanali, dal lunedì al giovedì più il sabato. Essere allenatore di bimbi così piccoli ti fa capire ancora di più l’importanza che ha la tua presenza e la tua persona: ti vedono come un esempio da seguire e ti vedono come una persona con la quale condividere l’emozione di una vittoria, oltre alla tua soddisfazione dei risultati ottenuti e della loro, crescita, oltre che alla tua.
Ora Roberto Iemma è appunto alla guida dei Pulcini 2010 del Cumiana Real: «Sono bambini bravissimi, con tanta tecnica e voglia di imparare. Anche i bimbi più introversi o meno bravi, con più tempo di altri, sono riusciti ad inserirsi nel bellissimo gruppo che sono oggi. Sono tutti molto bravi e ognuno di loro ha la possibilità di confrontarsi con gli altri compagni, imparare e migliorare se stesso e la squadra nel complesso.
Noi allenatori abbiamo un ruolo importante, come già citato prima, nella loro crescita: abbiamo il compito di fargli capire che prima viene il dovere, la scuola, e poi in secondo luogo il calcio e gli allenamenti, come punto di sfogo e divertimento. E i ragazzi lo stesso, devono essere e sono un esempio per gli adulti: quando riesci ad instaurare un bel rapporto con loro, ti accorgi di quante soddisfazioni ed emozioni ti possano dare, diventando sempre più consapevole della squadra che alleni e delle capacità che possono far risaltare. Posso dire che la cosa che non può mancare in un allenatore è la pazienza: avere comprensione verso i bambini che magari hanno più difficoltà in un esercizio o anche solo in generale, è la cosa che apprezzano di più, ed è una dimostrazione che possono contare su di te».
di Beatrice Andreello
Edicola DIgitale
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